lunedì 26 gennaio 2015

Nel nuovo regime agevolato, beni strumentali al netto dell’IVA


Nuovo regime fiscale agevolato per autonomi sotto
la lente dell’Amministrazione finanziaria: l’Agenzia delle Entrate,
infatti, ha fornito indicazioni al riguardo, con particolare riferimento
ai criteri di computo del limite per i beni strumentali, in risposta ai quesiti del Videoforum organizzato da Italia Oggi il 22 gennaio 2015.

Si ricorda che, per accedere al nuovo regime:
- i ricavi/compensi relativi all’anno precedente non devono eccedere determinati limiti (da 15.000 a 40.000 euro);
- le spese per lavoro dipendente sostenute nell’anno precedente non devono superare i 5.000 euro;
- il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, per beni mobili strumentali alla chiusura dell’anno precedente, non deve superare 20.000 euro;
- i redditi d’impresa o di lavoro autonomo devono essere prevalenti rispetto a quelli di lavoro dipendente o assimilato eventualmente percepiti.

Con riferimento al limite per i beni strumentali, la relazione illustrativa del Ddl. di stabilità 2015 faceva riferimento al termine “stock”, il che aveva fatto intendere la partecipazione al limite predetto solo dei beni strumentali effettivamente presenti al 31 dicembre dell’anno precedente.
Questo aspetto risulta confermato:
ai fini dell’accesso/permanenza nel regime, occorre verificare se i
soggetti, “alla data di chiusura dell’esercizio precedente, sono in possesso di beni strumentali di costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, non superiore a 20.000 euro”.
Tale
limite, quindi, è valorizzato in maniera diversa rispetto al precedente
regime di vantaggio in cui concorrevano, nell’arco del triennio
precedente, tutti gli acquisti di beni strumentali, con irrilevanza delle eventuali alienazioni o dismissioni intervenute nello stesso periodo.

Nel limite predetto sono inclusi:
- i beni in leasing, che rilevano per il costo sostenuto dal concedente;
- i beni in locazione e noleggio, che rilevano per il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR (non vengono, quindi, più computati i singoli canoni, come accade nel regime di vantaggio);
- i beni in comodato,
che rilevano per il valore normale dei medesimi determinato ai sensi
dell’art. 9 del TUIR (nel regime di vantaggio, invece, tali beni sono
irrilevanti);
- il 50% dei beni, detenuti in regime d’impresa, di arte o professione, utilizzati promiscuamente
per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione e per l’uso
personale o familiare del contribuente (la Relazione illustrativa ha
indicato che tale previsione riguarda anche i beni a deducibilità limitata, come mezzi di trasporto e telefonia).

Nel limite predetto sono, invece, esclusi:
- i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro;
- gli immobili, comunque acquisiti, utilizzati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione.
Beni immateriali esclusi
Tra
le voci escluse dal limite di 20.000 euro vanno anche annoverati –
analogamente al regime di vantaggio – “i costi riferibili ad attività immateriali, come quello sostenuto per l’avviamento
o altri elementi immateriali comunque riferibili all’attività, che non
si caratterizzano per il loro concreto utilizzo nell’ambito
dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo”.

Ulteriore conferma riguarda l’esclusione dal limite suddetto dell’IVA addebitata
sull’acquisto del bene: sia in fase di accesso al regime forfetario che
durante la sua applicazione, il rispetto del limite degli acquisti di
beni strumentali va verificato con riferimento al costo sostenuto al netto dell’IVA, anche se non è stato esercitato il diritto di detrazione. Rileva, quindi, il solo corrispettivo dell’operazione.

venerdì 16 gennaio 2015

Sardegna: dal 29 gennaio le domande per i contributi per lo sviluppo delle cooperative


La Regione Sardegna tramite l’Assessorato regionale del lavoro ha pubblicato l’avviso per la realizzazione di interventi volti ad agevolare il processo di capitalizzazione delle imprese cooperative sarde già esistenti che intendono espandersi determinando un contestuale aumento del proprio patrimonio netto.
Nello specifico l’avviso prevede l’erogazione di contributi rimborsabili concessi nella forma tecnica del prestito partecipativo, strumento finanziario che consente alla società cooperativa di ottenere, sin dall’inizio, le risorse finanziarie necessarie per l’attuazione di un programma di investimento che deve prevedere obbligatoriamente anche l’incremento del livello di capitalizzazione della cooperativa. importo minimo euro 21.000; massimo euro 120.000,00; Durata massima: 60 mesi; Tasso: 0% fino Euro 60.000,00; per interventi superiori a 60.000 euro il tasso di interesse non potrà essere inferiore allo 0,50% annuo.
Per la ricezione delle domande si seguirà una procedura “a sportello” che sarà attiva a partire dal 29 gennaio 2015.

giovedì 15 gennaio 2015

Novità iva in edilizia

Trattasi di un ampliamento delle ipotesi in cui il fornitore emette fattura senza addebito dell’imposta che sarà assolta direttamente dal cessionario/committente soggetto passivo Iva. Le nuove operazioni interessate dall’inversione contabile riguardano, per quanto concerne il settore edile, le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento, sempre che si tratti di prestazioni relative ad edifici; queste prestazioni, quindi, non rientrano nel reverse charge se non sono riconducibili a un bene qualificabile come edificio (i lavori di completamento di un macchinario, per esempio, non vanno fatturati in reverse charge). Lo prevede la lettera a-ter), aggiunta al sesto comma dell’articolo 17 del Dpr 633/72, la quale nulla specifica con riguardo al fatto che i servizi siano resi a un soggetto operante nel settore edile o che si tratti di prestazioni eseguite nei confronti di un appaltatore o di un altro subappaltatore. La rilevanza “oggettiva” delle prestazioni individuate dalla nuova norma è inoltre supportata dalla precisazione inserita nella precedente lettera a) della medesima disposizione, secondo cui la disciplina prevista per le prestazioni di subappalto in edilizia (indicate, appunto, nella lettera a) si applica ai servizi «diversi da quelli di cui alla lettera a-ter)».
Numerosi, tuttavia, i punti da chiarire. Fra gli altri, dovrà essere precisata la portata della nozione di «edificio» (la norma comunitaria parla di «beni immobili»), specificando altresì se sono comprese anche singole porzioni o, ancora, se deve farsi esclusivo riferimento ai prestatori che svolgono attività rientranti nel settore F della tabella Ateco, come il riferimento al «settore edile» contenuto nella relazione illustrativa potrebbe far ritenere.


IVA Split payment nelle operazioni con gli enti pubblici






L’approvazione definitiva della legge di stabilità 2015 conferma le importanti novità in materia di applicazione dell’Iva nelle operazioni effettuate con gli enti pubblici. In particolare, si prevede che a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2015, le forniture eseguite a favore della Pubblica Amministrazione devono avvenire con il sistema dello “split payment”, che consiste nell’addebito dell’Iva in fattura da parte del soggetto passivo che pone in essere l’operazione, ma con versamento dell’imposta a carico dell’acquirente o committente. Si precisa sin da subito che, contrariamente a quanto previsto dal testo del disegno di legge, il sistema in questione è operativo dal 1° gennaio 2015 senza necessità di autorizzazione comunitaria, fermo restando che se tale autorizzazione non dovesse pervenire sarà necessario ripristinare l’applicazione ordinaria dell’Iva con tutte le problematiche che ne possono derivare.

Tecnicamente, la modifica normativa si inserisce nell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972, il quale dispone che per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato e dei suoi organi, anche dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei loro consorzi, delle camere di commercio, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, l’imposta è versata dal cessionario o committente (nella qualità di soggetto passivo), con modalità e termini che saranno fissati da un apposito decreto ministeriale. In buona sostanza, tramite il meccanismo in questione, il cedente o prestatore emette fattura con addebito d’imposta, e l’acquirente o committente procede al pagamento dell’imponibile al fornitore stesso, mentre l’imposta è versata direttamente all’Erario. Al fine di consentire l’applicazione del sistema in questione, nella fattura emessa dal cedente o prestatore dovrà essere riportata l’indicazione che l’imposta deve essere versata dall’acquirente o committente direttamente a favore dell’Erario (ad esempio indicando “Iva da versare a cura del cessionario o committente ai sensi dell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972”). E’ evidente che con tale sistema si evita la possibilità da parte del fornitore di incassare l’imposta e di non versarla al Fisco, al pari di quanto si ottiene con il reverse charge, anche se in tale ultimo caso il soggetto che pone in essere l’operazione non esercita la rivalsa del tributo. Lo split payment, tuttavia, non si applica ai compensi per prestazioni di servizi assoggettate a ritenuta d’acconto, per i quali l’imposta resta dunque applicabile nei modi ordinari.

Per quanto riguarda la decorrenza, come già anticipato, secondo l’originario disegno di legge l’efficacia del nuovo sistema era subordinata al rilascio, da parte del Consiglio Ue, dell’autorizzazione per la deroga all’art. 395 della direttiva Ue, mentre nel testo definitivo, a causa di problemi collegati ad altre vicende, si è data attuazione immediata alla novità già a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2015. Le concrete modalità di versamento dell’imposta, nonché i relativi termini, saranno tuttavia definite da un apposito decreto attuativo, anche se pare ragionevole supporre che si procederà tramite utilizzo di una versione speciale del modello F24 enti pubblici. In caso di omesso o ritardato versamento dell’imposta, è prevista l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 (30% dell’imposta non versata o versata tardivamente).

Infine, è bene segnalare che le disposizioni relative allo split payment, di cui all’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972, non si applicano alle operazioni per le quali l’ente cessionario o committente, in qualità di soggetto passivo d’imposta, debba applicare il regime di inversione contabile (ad esempio, acquisti intracomunitari di beni, ovvero prestazioni di subappalto rese nel settore edile). In altre parole, laddove l’operazione rientri in una delle fattispecie per le quali si rende applicabile il regime del reverse charge, quest’ultimo prevale rispetto al nuovo sistema dello split payment.